Chi crede nell’evoluzione della specie ritiene che l’animale uomo della preistoria obbedisse alla sola legge dell’istinto e scegliesse i cibi non in base all’etichetta ma guidato dall’odorato, che aveva molto sviluppato. La funesta serie di leggi e tabù (che chiamano Civiltà) ha isolato l’uomo dagli altri animali ed ha sostituito all’istinto – infallibile – la scelta razionale – rischiosamente precaria. Ma, mentre, per fare un esempio banale, la cattiva scelta delle cravatte determina, nella ipotesi peggiore, la malcelata derisione degli astanti, la scelta dei cibi e delle bevande incide pesantemente sull’indole e sulla fisiologia della persona. Infatti è quasi sempre vero che siamo quello che mangiamo e che beviamo (lo diceva Feuerbach).
L’uomo moderno sta faticosamente cercando un’alternativa nutrizionale per limitare i danni cagionati da cattive scelte ed è per questo che la ricerca dietetica assume l’aspetto di una filosofia ed in futuro ricoprirà un ruolo sempre più importante.
La rimonta del salutismo
Il consumatore sta diventando ogni giorno più consapevole dell’importanza rivestita da un corretto stile d’alimentazione, basato sulla tradizione mediterranea, con il suo grande apporto di preziosi elementi provenienti dal mondo vegetale.
Di qui il ruolo importante della ristorazione nell’offrire risposte efficaci ai mutamenti di stile che si verificano nei 9 milioni di consumatori ogni giorno consumano un pasto fuori casa.
Per regime alimentare non tradizionale ci si riferisce soprattutto alla dieta vegetariana (che non deriva dal termine “vegetale” ma dal latino “vegetus” che significa vigoroso, fresco, vivace). La dieta vegetariana è la più antica del mondo ed è stata in tempi recenti rivalutata dagli scienziati dell’alimentazione (in Italia è attiva la “Società scientifica di nutrizione vegetariana”), oltre che esaltata dai teorici del salutismo.
Un importante contributo alla sua diffusione è venuto anche dalle grandi stars internazionali che, attraverso i media, hanno esternato la loro convinta adesione a uno o l’altro comportamento. Citiamo solo alcuni nomi: Dustin Hoffman, Richard Gere, Bono, Pamela Anderson e tra i crudisti Prince, Barbra Streisand, Sidney Poitier.
I numeri
I vegetariani si contano in centinaia di milioni in tutto il mondo ed il tasso di crescita è nientemeno del 30/40% annuo. In particolare negli Stati Uniti, che fanno sempre da battistrada, il fatturato dei prodotti dietetici è alla soglia dei 3 miliardi di dollari e l’incremento per i prossimi anni è previsto nell’ordine di oltre il 50% annuo.
L’India conta da sola 200 milioni di vegetariani e ha esportato in Inghilterra, sull’onda della mucca pazza, invece che l’amimale sacro il verbo etico. Ora la Gran Bretagna è al secondo posto mondiale per la presenza di vegetariani con una percentuale di oltre il 12%. Segue di poco la Germania.
L’esercito dei vegetariani italiani delle varie osservanze (Vegetariani tout court – Vegetaliani o Vegani – Crudisti) avanza a passo di carica: in tre anni sono raddoppiati e nel 2005 sono stati Valutati in 6 milioni (fonte Eurispes 2005), dei quali 4 milioni abbondanti sono militanti in gonnella. La metà di essi segue la regola senza deroghe, l’altra metà si concede qualche evasione. In numero di 600.000 praticano la dieta vegana.
Il diffondersi del salutismo ha sensibilmente influito sulla scelta del biologico, propedeutica a quella della dieta senza carne.
Meat-free
“No carne” (meat-free) è l’imperativo che accomuna le varie appartenenze e rappresenta il rimedio a molti dei peggiori attentati alla nostra salute. Quasi tutte le malattie tipiche della società affluente vengono dall’abuso di proteine animali. In particolare il vorticoso aumento dei casi di intolleranza alimentare e delle allergie sarebbe originato da un’alimentazione impropria. Dopo la prima motivazione di natura etica, altra acqua al mulino delle diete viene dall’estetica del corpo e dalle religioni del wellness e della new-age. Altro comandamento della dieta vegetariana è l’utilizzo di alimenti da agricoltura biologica.
L’addition s’il vous plait
Allo stato il nostro Paese registra circa 300 ristoranti vegetariani. Di questi, 39 affiliati al circuito gastronomico Ristoranti Verdi che raggruppa, in tutta Italia, attraverso un network, i migliori locali in cui viene garantita la presenza di menu di almeno tre piatti realizzati senza alcun ingrediente di derivazione animale.
I ristoratori della fascia medio-bassa non potranno non porsi qualche domanda riguardo all’imminente futuro. Se il tasso di crescita del popolo vegetariano procede con il ritmo attuale il panorama che conosciamo verrà entro pochi anni stravolto.
Non bisogna ignorare che questo popolo è mosso da impulsi eterogenei ma soprattutto da un fideismo contagioso e dal rifiuto del consumismo.
Mentre ci balocchiamo con i foods coniugati in ogni possibile variante (finger-food, slot-food, findsun-food e chi più ne ha più ne metta) e magari ci apprestiamo a compilare la lista delle acque minerali di marche prestigiose, naturalmente abbinate ai piatti di nicchia, per regalare emozioni impagabili (visto il prezzo…), le avanguardie dell’esercito dei consapevoli sono già qui e già iniziano a insidiare l’esistente.
Concludendo
Quello che si prospetta non può essere preso sotto gamba. La cucina italiana vegetariana, tesoro della nostra gastronomia, è già nei nostri ristoranti. Basta considerarla un valore aggiunto da promuovere e valorizzare. L’industria del resto si è già adeguata e mette in produzione una serie di nuovi prodotti che osservano il disciplinare dell'associazione vegetariana Vegan Italia sulle sostanze da escludere.
La distribuzione – particolarmente quella consorziata – a sua volta non si limita ad evadere le richieste ma spinge i nuovi assortimenti anche con particolari promozioni.
La partita è importante: spetta alla ristorazione organizzare lo spazio vegetariano, fors’anche a scapito della zona fumatori, e predisporre appositi menù giornalieri a prezzi ragionevoli, smentendo così la diceria che il vegetariano costa il doppio.
Il gioco è fatto, La clientela corrisponde e fa il passaparola. Il tornaconto economico si spalma su tutta la filiera.
Come si diventa Ristorante Verde
Il network nasce grazie ad una collaborazione tra Vegan Italia (associazione nazionale per una corretta informazione sul veganismo/vegetarismo, nata ufficialmente il 3 maggio 2002; fondatore e presidente di Vegan Italia è Stefano Momentè – sito: www.veganitalia.com) e la società di comunicazione Next Italia. Gli appartenenti al network Ristoranti Verdi sono ristoranti, bar o alberghi che, pur contraddistinti dalla propria cucina specifica, si pongono anche come struttura ricettiva preparata a rispondere alle esigenze di una clientela attenta alla salute e/o vegetariana.
Scegliere di diventare ristorante verde richiede:
La conoscenza, acquisita tramite primo contatto e la successiva consultazione del materiale preparato da Ristoranti Verdi, e scaricabile tramite area riservata del sito (oppure ricevuto via posta) delle linee-guida di base per l’individuazione e la preparazione di piatti vegetariani
La presenza o l’individuazione all’interno della carta, oltre ai contorni, di tre o più piatti vegetariani – con preferenza per un menu completo (realizzato senza sostanze di provenienza animale)
L’evidenziazione di questi piatti nel menu con l’apposito logo; l’esposizione in evidenza della vetrofania “Qui si mangia anche Vegetariano”.
Per potersi fregiare del marchio di Ristorante Verde, i ristoranti devono dichiarare di:
> proporre nel loro menu – oltre ai contorni – almeno tre piatti vegetariani (realizzati totalmente senza prodotti animali)
> evidenziare dentro e fuori dal locale la proposta vegetariana
[renato denis - catering di gennaio/febbraio 2007]
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